Il dialogo tra manager e collaboratori è determinante per l’engagement

–di Gianni Rusconi | 14 Agosto

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Il rapporto di comunicazione fra top management, capi diretti e relativi sottoposti è la pratica più rilevante per il coinvolgimento di questi ultimi nella vita aziendale e la principale modalità per realizzare un approccio inclusivo alla relazione con i dipendenti. È l’assunto di fondo della ricerca biennale svolta dal Working Group Employee Communication dell’Università Iulm, articolata su due distinte indagini e diversi casi di studio (375 le grandi imprese italiane manifatturiere e attive nei servizi con più di 500 dipendenti campionate e circa 150 addetti interpellati) e finalizzata ad indagare gli approcci gestionali adottati dalle aziende italiane e i fattori che favoriscono l’engagement (e riducono il rischio di disengagement) secondo i collaboratori.

Secondo questi ultimi, gli strumenti della comunicazione interna sono molto importanti per incentivare la relazione e su una scala da 1 a 5 superano la media del 3 e alcuni si avvicinano al 4. Dal punto di vista delle grandi aziende l’approccio è leggermente diverso, visto e considerato che i responsabili del people engagement vi hanno attribuito mediamente una rilevanza più bassa. Entrando nello specifico, per i collaboratori gli incontri informali con il top management volti a sollecitare il feedback dei collaboratori stessi sulla vita aziendale risultano l’iniziativa di comunicazione interna più importante (con un punteggio di 3,8) mentre per le imprese sono solo il sesto fattore in ordine di rilevanza (2,8) alle spalle di blog, e-mail, intranet e Tv aziendali (3,0).

La comunicazione a cascata è considerata in assoluto l’iniziativa più rilevante dai responsabili che operano nelle grandi organizzazioni (con un livello di 3,6) mentre per i collaboratori è al terzo posto, alle spalle degli incontri informali con i vertici e le convention. Cosa ci dicono intanto questi dati? Confermano come, lato collaboratori, le occasioni di incontro con i top manager e soprattutto il dialogo con queste figure per trasferire informazioni o spiegare obiettivi e strategie siano l’elemento di maggior rilevanza sulla via di un totale coinvolgimento nelle dinamiche aziendali.

Sulla stessa lunghezza d’onda sono di fatto anche i responsabili del people engagement, comunque convinti della valenza della relazione aperta manager-collaboratori. «Un dialogo franco e aperto - ha osservato in proposito Alessandra Mazzei, docente di Comunicazione d’impresa e Direttore dell’Osservatorio Employee Relations & Communication dell’Università Iulm - è fondamentale per la relazione fra collaboratori e capi diretti ed è rilevante anche nella relazione con il top management». Maggiore è il filo diretto che lega questi due “universi”, insomma, e maggiori sono le possibilità che i livelli di engagement crescano a beneficio dei risultati e della produttività aziendale.

I collaboratori, in tal senso, hanno espresso esplicite indicazioni su quelle che sono le pratiche di gestione delle risorse umane che incontrano il loro favore, e parliamo in particolare delle misure che tutelano il lavoratore in termini di sicurezza (il contratto a tempo indeterminato raggiunge un punteggio di 4,7) e flessibilità (lo smart working arriva al 4,4) evidenziando una precisa affezione ai temi dell’autonomia professionale e dell’employability. I responsabili del people engagement, invece, attribuiscono in media una rilevanza più bassa a queste pratiche puntando su job rotation (3,5) e job posting (3,5), e quindi alle opportunità di sviluppo interne all’azienda.

Interessante notare come, nell’ottica delineare possibili profili “ideali” del collaboratore orientato al dialogo con il top management per aumentare il proprio livello di engagement, il 58% degli addetti campionato fosse di sesso femminile, equamente distribuito tra adulti e giovani, con il 48% dei collaboratori censiti nella fascia 72-39 anni e il 52% nella fascia 38-23 anni, e in possesso (nel 56% dei casi) di una laurea quadriennale o magistrale.

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