Il World Economic Forum ha tracciato la mappa dei posti di lavoro e delle competenze del futuro.
Dalle analisi condotte quello che emerge è che il ritmo di digitalizzazione e di incremento tecnologico rimarrà invariato, ma accelererà in alcuni ambiti del settore terziario. Tra le varie priorità che emergono c’è l'adozione integrale di cloud computing, una maggior consapevolezza sul valore dei big data e sull'e-commerce inteso come asset strategico. A crescere saranno anche gli investimenti nei campi della cybersecurity e della crittografia e nella robotica umanoide.
La domanda che sorge spontanea a questo punto è: il numero dei posti di lavoro persi in conseguenza delle implementazioni tecnologiche sarà compensato da nuovi posti di lavoro creati da nuove mansioni e competenze?
Secondo il World Economic Forum il numero di nuovi posti di lavoro creati decrescerà, al punto che entro il 2025 manager e imprenditori prevedono che ruoli e mansioni di vecchio tipo passeranno dal 15,4% della forza lavoro al 9%, con un 6,4% di riduzione. Mentre le professioni emergenti passeranno invece dal 7,8% al 13,5% con una crescita del 5,7%.
Sempre WEF stima che, entro il 2025, 85 milioni di posti di lavoro potrebbero cambiare "posizione" a causa dello spostamento delle mansioni da uomo a macchina ma «potrebbero emergere 97 milioni di nuovi ruoli più adatti alla nuova divisione del lavoro tra uomo, macchina e algoritmi».
Non si sta parlando di distruzione di posti di lavoro quindi ma di trasformazione, esattamente quel tipo di trasformazione che rende più importante il ruolo di nuove skills.
Per gli analisti l'84% dei datori di lavoro è destinato a digitalizzare velocemente i processi interni, aumentando significativamente la percentuale di lavoro agile, smart working e telelavoro. Potenzialmente, il 44% della forza lavoro globale potrebbe, stando allo scenario e alle analisi di WEF, spostarsi in modalità di lavoro a distanza.
I datori di lavoro intervistati attraverso il Future of Jobs Survey riferiscono che, in media, le loro aziende offrono l'accesso alla riqualificazione e all'aggiornamento professionale solo al 62% della loro forza lavoro e dichiarano che entro il 2025 espanderanno l’offerta ad un ulteriore 11%. Secondo il WEF però «l'impegno dei dipendenti in questi corsi è in ritardo»: solo il 42% dei dipendenti si avvalgono oggi di opportunità di riqualificazione e upskilling. Ancora troppo poco.
Infatti, la mancanza di skills è ritenuta più alta proprio tra le professioni emergenti, e questo è dovuto anche alla velocità del cambiamento in atto. Recenti studi sostengono che si stia andando verso skills più umanistiche, trasversali e spendibili più facilmente in ogni campo di mercato.
In crescente richiesta ci sono competenze come il pensiero critico e l'analisi, nonché il problem solving, le abilità di autogestione come, ad esempio, l'apprendimento attivo, la resilienza, la tolleranza allo stress e la flessibilità.
Sembra che saranno molto importanti anche le cross-cutting skills, le competenze trasversali più richieste saranno nei settori del product marketing, nel digital marketing e nell’interazione uomo-macchina.
Il WEF pone l’accento su un altro aspetto imprescindibile: la formazione. Sarà necessario impostare fin da subito percorsi di formazione e crescita che consentano alle nuove generazioni di maturare le skills del futuro.
Si è parlato anche di una formazione autogestita data la necessità di convivere con il lavoro ibrido e da remoto.
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